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IL RECORD CHE SFIDÒ IL CIELO

Mirco Pecorari, modenese, è tra i designer di aerei più quotati al mondo. Narrano le cronache familiari che “plano” sia stata la prima parola da lui pronunciata e, partendo dal Ferrari di Maranello, ha trasformato la sua passione in una professione di nicchia.

 

Nella sua “officina creativa” AircraftStudioDesign, personalizza velivoli, automobili e natanti: livrea esterna e abbinamento interno vengono stabiliti a partire da una chiacchierata col cliente, che fornisce alcune ispirazioni al designer, che formula diverse proposte.

 

Tra i suoi progetti più importanti spicca senza ombra di dubbio quello per le Frecce Tricolori: per il 60° anniversario ha rappresentato sulle code tutte le pattuglie acrobatiche che hanno preceduto le Frecce.

 

Oggi Mirco Pecorari ci racconta una storia epica, fatta di metallo, vento e coraggio. È il racconto di due imprese che non si sono mai sfiorate davvero, ma che condividono lo stesso battito: quello della velocità. Da un lato, il Macchi-Castoldi M.C.72, idrovolante da record  che nel 1934 solcava il cielo sopra Desenzano. Dall’altro, la Mille Miglia, corsa leggendaria che accendeva l’asfalto tra Brescia e Roma.

Due facce della stessa ambizione: superare ogni limite.

Il Macchi-CastoldiMacchi-Castoldi M.C.72M.C.72 e lala MilleMille Miglia nascono nello stesso tempo, con la stessa ambizione: superare i limiti della velocità. In che modo l’M.C.72 riflette quello spirito pionieristico che si respirava anche lungo le strade della Mille Miglia?

Più che di spirito pionieristico (che attribuirei semmai a personaggi come Italo Balbo e Umberto Nobile) parlerei di spirito di competizione. Battere l’avversario sul tempo usando l’ingegno, la tecnologia meccanica e un’elevata dose di abilità e coraggio. Un olimpo di metallo e di fuoco da conquistare con facce sporche di fumo di scarico e perdite d’olio di motore.

Gare da vincere contro l’avversario ma anche lotte per domare il proprio mezzo che in comune avevano il fatto di essere un animale di metallo alquanto imbizzarrito e difficilmente prevedibile.

Il freddo pungente del vento che soffiava sulle facce coperte soltanto da un paio di occhialoni di vetro e pelle, carlinghe e carrozzeria all’aperto e pochi decimi di millimetro di alluminio a separare il corpo del pilota da serbatoi pieni carburante.

Come MarioMario Castoldi,Castoldi, anche ii progettistiprogettisti delle auto da corsa dell’epoca cercavano soluzioni estreme per guadagnare pochi chilometri orari.
Quali analogie vedi tra l’innovazione aerodinamica dell’M.C.72 e quella delle vetture da corsa italiane degli anni ’30?

Quello fu un periodo dove si cominciò a capire che la prestazione si doveva cercare principalmente nell’aumento di potenza dei propulsori e nella riduzione della resistenza aerodinamica.

Dobbiamo tenere conto inoltre che l’elettronica non era stata ancora sviluppata per applicazioni di controllo a bordo di questi mezzi. Tutti i controlli, le regolazioni e i comandi erano principalmente meccanici.

In quell’epoca ogni anno si inventavano cose nuove e le competizioni spinsero gli ingegneri a sviluppare idee e concetti mai pensati prima.

Anche la guerra di alcuni anni dopo fece fare alla tecnologia balzi da giganti (in 5 anni si passò da biplani in tubi e tela a Jet a reazione). Diciamo che la necessità di “battere l’avversario” spinge l’uomo a innovare.

Desenzano ee Brescia,Brescia, seppur diverse,diverse, sonosono due città simbolo della velocità italiana. Come si potrebbe raccontare oggi questo asse ideale tra acqua e asfalto, tra cielo e strada?

A Desenzano c’è ancora l’idroscalo del R.A.V. e un gruppo di grandi appassionati ha riportato in vita un modello in scala 1:1 del M.C.72. A dispetto dei velivoli originali conservati al museo dell’Aeronautica Militare di Vigna di Valle, questa copia fedele presiede il luogo dove queste imprese eroiche vennero compiute. Le vie della città sono intitolate a diversi piloti di quel reparto e nella piazza centrale fa da padrone la statua che simboleggia proprio la velocità rendendo omaggio a quelle persone.

Alcune tappe della Mille Miglia sono state impostate proprio a Desenzano e mi piace pensare che i piloti di queste gare si salutino anche con un breve sogghigno nel passare lungo queste strade. L’elemento acqua poi (necessario per far decollare questi idrovolanti con eliche a passo fisso) viene rappresentato dal bellissimo Lago di Garda, un posto unico al mondo che raccoglie così tante storie da poterci scrivere un’ enciclopedia.

Se immaginassimoimmaginassimo un’esposizioneun’esposizione congiunta tratra vetturevetture storiche della Mille Miglia e idrovolanti da record, quale messaggio dovrebbe emergere da questa accoppiata?

Un messaggio semplice. Guardate cosa l’ingegno umano e l’uso della ragione e della scienza possono produrre: macchine in grado di sfidare la natura facendo viaggiare l’uomo a velocità e attraverso elementi a lui fisicamente impossibili.

Perché secondosecondo tete l’M.C.72 nonnon haha ancora lo stesso posto nel cuore degli italiani delle grandi auto d’epoca? E cosa possiamo fare per restituirgli quel ruolo simbolico?

Quel periodo storico è uno dei momenti di maggiore divisione del popolo italiano: imprese compiute sotto un periodo di dittatura e a cavallo di due guerre devastanti. Spesso le gesta eroiche e le vittorie venivano usate per mettere in risalto le ideologie delle dittature del momento.

Diventa difficile separare il valore dell’impresa dal suo uso propagandistico del momento.

Inoltre l’M.C.72 volava nel Reparto Alta Velocità che era della forza armata.

Le grandi auto d’epoca che hanno fatto la storia della Mille Miglia erano di scuderie private e questo fatto rende più semplice la cosa.

Cosa possiamopossiamo farefare per restituirerestituire quelquel ruolo simbolico?

Sicuramente capire il valore dell’impresa ingegneristica, capire come le competizioni venivano affrontate, capire come le idee venivano applicate per spremere quel cavallo in più. Queste imprese venivano compiute da individui che formavano squadre, uniti per raggiungere uno scopo: vincere la gara.

Questi valori sono stati ricercati nel creare un tributo a questi record e materializzati in una penna a tiratura limitata fatta qui da noi a Modena.

 @mcpecos

La VRossa è una penna tributo dedicata ai 23 piloti del Reparto Alta Velocità dell’Aeronautica Militare Italiana, eroi che hanno stabilito il record di velocità per idrovolanti a elica. Realizzata in titanio, incarna i più alti standard di qualità e celebra storia, artigianalità ed eccellenza.